La reazione del mercato al rapporto sull'inflazione al consumo si è rivelata contenuta. L'indice core dei prezzi al consumo si è attestato allo 0,278% su base mensile contro lo 0,2% previsto, la reazione iniziale dei mercati è stata un aumento del rendimento, ma l'andamento si è fermato molto rapidamente. L'aumento è stato determinato da un'accelerazione dell'inflazione nel settore dei servizi, in particolare con un notevole aumento dei costi dei biglietti aerei.
A quanto pare, un leggero aumento dell'inflazione non influenzerà le decisioni della Federal Reserve (Fed); non ci sono stati eventi che potessero far dubitare alla Fed che fosse tempo di concludere il ciclo di aumento dei tassi d'interesse.
Il prezzo del petrolio continua a salire e mercoledì ha raggiunto nuovi massimi annuali. Ieri l'Agenzia Internazionale dell'Energia ha avvertito che una riduzione della produzione in Arabia Saudita potrebbe portare a una grave carenza di offerta sul mercato. Inoltre, la scorsa settimana gli Stati Uniti hanno acquistato ulteriori 300.000 barili di riserve strategiche. Anche il rifornimento delle riserve riduce l'offerta, anche se gli Stati Uniti hanno rallentato gli acquisti rispetto alle settimane precedenti.
C'è la possibilità che nel secondo semestre la carenza di petrolio possa raggiungere il massimo degli ultimi 10 anni. Il volume di petrolio estratto dall'OPEC nel terzo trimestre è circa 1,8 milioni di barili al giorno in meno rispetto a quanto necessario per soddisfare la domanda mondiale. Nel contempo, le previsioni si basano sul fatto che l'economia mondiale continuerà a riprendersi, quindi la domanda di energia aumenterà, il che non è certo - le curve dei rendimenti sono invertite, il che significa che i rendimenti dei titoli a breve termine sono inferiori ai rendimenti dei titoli a lungo termine, il che in passato è sempre stato considerato un segnale di avvicinamento a una recessione.
Alla riunione di oggi la BCE ha una probabilità del 70% di alzare i tassi, il che potrebbe dare uno slancio a breve termine al rafforzamento dell'euro. La BCE si aspetta che l'inflazione nei 20 paesi dell'Eurozona rimanga al di sopra del 3% l'anno prossimo, il che rafforza la sua tesi a favore di un decimo aumento consecutivo dei tassi di interesse giovedì, secondo quanto riferito da una fonte direttamente a conoscenza delle discussioni all'agenzia Reuters.
USD/CAD
Il dollaro canadese rimane l'unica valuta G10 che sta cercando di crescere contro il dollaro statunitense, e ci sono alcune ragioni per questo. Innanzitutto, c'è l'aumento dei prezzi del petrolio. Questo fattore non è abbastanza forte da invertire la tendenza, ma fornisce un certo supporto. In secondo luogo, il rapporto sul mercato del lavoro di agosto ha sostenuto le aspettative di inflazione.
Il salario orario medio è aumentato del 5,2% dopo un aumento del 5% a luglio, mentre si attendeva una diminuzione al 4,7%. Inoltre, Statistic Canada riporta che la crescita dell'occupazione supera la crescita della popolazione. Ciò significa che la decisione della Banca del Canada di mantenere i tassi invariati la scorsa settimana potrebbe essere troppo accomodante, poiché l'economia non si è ancora rallentata a un livello tale da considerare le condizioni finanziarie attuali come sufficientemente restrittive. Questo, a sua volta, aumenta le possibilità che la Banca del Canada riprenda l'aumento dei tassi di interesse.
La posizione netta corta sul CAD è aumentata di 0,7 miliardi, raggiungendo -1,8 miliardi, con un prezzo di liquidazione superiore alla media a lungo termine ed orientato al rialzo.
Il petrolio in aumento e il mercato del lavoro sostengono il dollaro canadese, quindi il test del livello 1.37 è stato rimandato per un po'. Le probabilità di un ritorno verso la metà del range 1.3330/50 sono aumentate, da un punto di vista tecnico questa possibilità sembra abbastanza probabile; tuttavia, oltre all'aumento dei prezzi del petrolio e alla moderazione dell'inflazione negli Stati Uniti, non ci sono ragioni per un forte rafforzamento del dollaro canadese. Prevediamo che la correzione non sarà profonda e che si trasformerà in un consolidamento a breve termine, dopodiché ci aspettiamo che la crescita riprenda. La prossima zona di resistenza è 1.3660/80, successivamente 1.3860, raggiungendo quest'ultimo livello, la correzione sarà tecnicamente considerata completa.
USD/JPY
Lo yen ha registrato un calo dai massimi dopo che il capo della Banca del Giappone, Kuroda, ha dichiarato in un'intervista al quotidiano Yomiuri che potrebbe essere fissata una data per uscire dalla politica monetaria ultra-accomodante (QQE) entro la fine dell'anno.
Ricordiamo che la Banca del Giappone ha introdotto il QQE ad aprile 2013, lo ha ampliato a ottobre 2014 e poi a gennaio 2016 la politica è stata integrata da una serie di ulteriori misure da parte del governo, che hanno introdotto un allentamento monetario quantitativo e qualitativo con un tasso di interesse negativo.
Secondo quanto dichiarato da Kuroda, la Banca centrale giapponese potrebbe interrompere la politica dei tassi di interesse negativi quando diventa evidente che l'obiettivo di inflazione del 2% è stato raggiunto. I mercati sembrano interpretare questa mossa come un tentativo di sostenere lo yen per evitare l'intervento sul mercato dei cambi.
Ci sono diverse ragioni per cui lo yen potrebbe finalmente iniziare a rafforzarsi. In primo luogo, il rendimento negli Stati Uniti è al suo massimo e probabilmente sta per diminuire, di conseguenza, si riduce lo spread tra i rendimenti. In secondo luogo, c'è un crescente consenso sul fatto che la Banca del Giappone inizierà la normalizzazione della politica nel quarto trimestre. In terzo luogo, la maggior parte delle banche G10 sta preparando la conclusione dei loro cicli di aumento dei tassi, il che aumenterà la domanda di yen nei tassi di cambio.
Sembrerebbe che la vendita dello yen stia per giungere al termine. La posizione netta corta è diminuita di 0,2 miliardi, raggiungendo -8,2 miliardi; il posizionamento rimane fortemente ribassista, ma l'attività dei venditori sta diminuendo. Il prezzo di liquidazione è sceso al di sotto della media a lungo termine per la prima volta da maggio.
Le probabilità di un calo correttivo del tasso di cambio USD/JPY sono in aumento. Nonostante lo spread dei rendimenti rimane a favore del dollaro, ci sono sempre più segnali che suggeriscono una sua riduzione, poiché il rallentamento dell'inflazione negli Stati Uniti avvicina l'inizio del ciclo di riduzione dei tassi da parte della Federal Reserve, mentre il Giappone sta dando segnali di prepararsi a modificare la sua politica monetaria ultra-accomodante. Tecnicamente, è probabile un aggiornamento al massimo di 147,86 e un breakout oltre il limite superiore del canale, ma la probabilità di un profondo ritracciamento è aumentata. È plausibile che la correzione possa avere ulteriori sviluppi, con il prossimo importante livello di supporto a 145.00, e successivamente la zona centrale del canale a 143.30/70.